Repubblica
Autore: Arcangelo Rociola
L’Europa sta adottando un nuovo regolamento in campo telecomunicazioni: punta a migliorare la rete e creare campioni europei in grado di competere con con Cina e Usa. Zorzoni (Aiip): “Distruggerà concorrenza e aumenteranno i prezzi a discapito degli utenti finali. Questa legge va fermata”.
Entro la fine dell’anno l’Europa potrebbe avere un nuovo regolamento nel campo delle telecomunicazioni. Si chiama Digital Network Act (DNA) e si lega a doppio filo con gli altri regolamenti europei per tutelare o sviluppare il mercato digitale: il Digital Market Act (DMA, che regola i grandi operatori del mercato digitale) e il Digital Service Act (DSA, che regola i contenuti online delle piattaforme digitali).
Una triade con l’obiettivo comune di accelerare il digitale nel vecchio continente. Ma questo in approvazione è in qualche modo l’architrave che regge tutto. Riguarda l’infrastruttura stessa di Internet. E ha un obiettivo preciso: provare a costruire un’infrastruttura digitale moderna, sicura e competitiva, armonizzando le regole e incentivando gli investimenti.
Cos’è il Digital Network Act: cosa regola e quali obiettivi si pone
Il Digital Network Act contiene molto di più. È un regolamento europeo, non una direttiva. Tradotto: come gli altri sarà direttamente applicabile in tutti gli stati membri. Un tassello chiave nella strategia europea per la sovranità digitale. In sintesi, punta a semplificare e uniformare le regole delle telecomunicazioni in tutta l’UE, creando (o provando a creare davvero) un mercato unico. Punto fondamentale: prevede di favorire le fusioni tra operatori per creare grandi campioni europei in grado di competere a livello globale.
Uno dei principali cambiamenti proposti – si legge sul sito della Commissione europea – è la promozione della condivisione delle infrastrutture, per evitare duplicazioni e abbassare i costi di investimento. Si discute anche se far contribuire economicamente i grandi player digitali, come Netflix o Google, al mantenimento delle reti, visto il loro impatto sul traffico dati. Il DNA punta inoltre a rendere più semplici e veloci le autorizzazioni per la posa di fibra e antenne 5G. Propone inoltre di ridurre gli obblighi regolatori sui prezzi che gli operatori devono applicare ad altri concorrenti che affittano la rete. Viene incentivata una separazione più netta, ma flessibile, tra chi possiede le reti e chi offre i servizi ai clienti.
Le aziende che operano solo all’ingrosso, senza vendere direttamente agli utenti finali, godrebbero di meno vincoli. Il DNA vuole anche rendere più efficiente e armonizzata la gestione delle frequenze radio, essenziali per il 5G, e aumentare la trasparenza sui dati di copertura e qualità delle reti. Anche se molti dettagli sono ancora in discussione, l’obiettivo generale è facilitare gli investimenti. Ma il rischio, temono molti in queste settimane, è che verrà ridotta la concorrenza nel mercato delle telco.
Una riforma che non piace a tutti: i timori di chi tema l’avvento di un oligopolio
Qui si apre uno scenario completamente diverso. Dietro le proposte e le promesse della Commissione, c’è un intero settore in subbuglio. Quello dei piccoli operatori nazionali europei. La tesi di chi si oppone è: dietro la proposta di modernizzare le telecomunicazione europee, si nasconde una controriforma oligopolistica.
Giovanni Zorzoni, presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) non riesce a salvare nulla della riforma: “Smonta pezzo dopo pezzo un sistema concorrenziale che in Europa ha funzionato meglio che altrove”. Non si tratta a suo dire di una semplice modernizzazione tecnica, ma di “una torsione sistemica del quadro regolatorio” che “rovescia la logica dell’accesso aperto, promuove consolidamenti verticali e sposta potere verso pochi grandi gruppi”.
In definitiva, lo definisce “il cavallo di Troia dell’oligopolio”. Come? La norma prevede meno obblighi per i grandi operatori (gli incumbents) nel concedere accesso alla rete; una riduzione della regolazione sui prezzi Wholesale (i prezzi che i grandi operatori decidono per gli altri operatori che usano la loro infrastruttura, oggi regolati da autorità indipendenti); incentivi alla verticalizzazione, cioè a operatori che possiedono sia la rete che i servizi; spinta alla concertazione di mercato e alla creazione di campioni europei.
Zorzoni (Aiip): “Un cavallo di Troia dell’oligopolio”
Una norma che – in definitiva – avrà ripercussioni sui consumatori, che saranno costretti a un mercato con “meno operatori”, cioè “meno possibilità di scelta, meno trasparenza tariffaria, più dipendenza da pratiche commerciali imposte dall’alto”, spiega Zorzoni. Inoltre il DNA eliminerebbe la duplice pressione competitiva sulle tariffe, portando le reti a diventare dei monopoli naturali, dove “la pressione oggi di un folto numero di operatori farà crollare la competizione reale”. In sintesi: “meno concorrenza, prezzi alti”.
Secondo Zorzoni, il DNA è disegnato per favorire i grandi conglomerati a discapito di chi ha investito nella propria rete: “Il rischio è l’espulsione progressiva dal mercato, o la riduzione forzata a ruoli subalterni come reseller”. Le piccole imprese “100% made in Italy” sarebbero costrette o a vendere o a scomparire, replicando il destino di molti settori tradizionali europei. Il presidente dell’AIIP accusa: “C’è una narrazione falsa, promossa da chi ha interesse a occupare posizioni dominanti senza più doversi confrontare col mercato”.
L’ombra dietro la discussione sui “Campioni europei”
La Commissione europea, con a capo il Commissario Ue per il mercato interno Thierry Breton, chiede da anni la creazione di “campioni europei” delle telco, in grado di consolidarsi nel mercato interno e competere globalmente soprattutto con Usa e Cina. Scenario auspicato anche nell’agenda di Mario Draghi. Ma questa per Zorzoni è tutt’altro che una cura. Anzi. “Sarebbe un’evoluzione in senso monopolistico che renderebbe possibile aumentare, forse anche del doppio, i prezzi agli utenti, siano essi consumatori o imprese, senza che questi ultimi possano rivolgersi da un’altra parte per servizi, come l’accesso ad Internet, ormai essenziali”.
Chi ne beneficerebbe? “Ne beneficerebbero probabilmente i tre più grandi fondi d’investimento mondiale e, auspicio di alcuni, un quarto gruppo finanziario europeo, ma non italiano. Il DNA garantirebbe loro un contesto normativo favorevole, meno obblighi, meno concorrenza e una posizione centrale nella distribuzione delle risorse pubbliche”.
Zorzoni: “Faranno lo stesso errore fatto con le auto green”
Entro la fine dell’anno l’Europa potrebbe avere un nuovo regolamento nel campo delle telecomunicazioni. Si chiama Digital Network Act (DNA) e si lega a doppio filo con gli altri regolamenti europei per tutelare o sviluppare il mercato digitale: il Digital Market Act (DMA, che regola i grandi operatori del mercato digitale) e il Digital Service Act (DSA, che regola i contenuti online delle piattaforme digitali).
Una triade con l’obiettivo comune di accelerare il digitale nel vecchio continente. Ma questo in approvazione è in qualche modo l’architrave che regge tutto. Riguarda l’infrastruttura stessa di Internet. E ha un obiettivo preciso: provare a costruire un’infrastruttura digitale moderna, sicura e competitiva, armonizzando le regole e incentivando gli investimenti.
Cos’è il Digital Network Act: cosa regola e quali obiettivi si pone
Il Digital Network Act contiene molto di più. È un regolamento europeo, non una direttiva. Tradotto: come gli altri sarà direttamente applicabile in tutti gli stati membri. Un tassello chiave nella strategia europea per la sovranità digitale. In sintesi, punta a semplificare e uniformare le regole delle telecomunicazioni in tutta l’UE, creando (o provando a creare davvero) un mercato unico. Punto fondamentale: prevede di favorire le fusioni tra operatori per creare grandi campioni europei in grado di competere a livello globale.
Uno dei principali cambiamenti proposti – si legge sul sito della Commissione europea – è la promozione della condivisione delle infrastrutture, per evitare duplicazioni e abbassare i costi di investimento. Si discute anche se far contribuire economicamente i grandi player digitali, come Netflix o Google, al mantenimento delle reti, visto il loro impatto sul traffico dati. Il DNA punta inoltre a rendere più semplici e veloci le autorizzazioni per la posa di fibra e antenne 5G. Propone inoltre di ridurre gli obblighi regolatori sui prezzi che gli operatori devono applicare ad altri concorrenti che affittano la rete. Viene incentivata una separazione più netta, ma flessibile, tra chi possiede le reti e chi offre i servizi ai clienti.
Le aziende che operano solo all’ingrosso, senza vendere direttamente agli utenti finali, godrebbero di meno vincoli. Il DNA vuole anche rendere più efficiente e armonizzata la gestione delle frequenze radio, essenziali per il 5G, e aumentare la trasparenza sui dati di copertura e qualità delle reti. Anche se molti dettagli sono ancora in discussione, l’obiettivo generale è facilitare gli investimenti. Ma il rischio, temono molti in queste settimane, è che verrà ridotta la concorrenza nel mercato delle telco.
Una riforma che non piace a tutti: i timori di chi tema l’avvento di un oligopolio
Qui si apre uno scenario completamente diverso. Dietro le proposte e le promesse della Commissione, c’è un intero settore in subbuglio. Quello dei piccoli operatori nazionali europei. La tesi di chi si oppone è: dietro la proposta di modernizzare le telecomunicazione europee, si nasconde una controriforma oligopolistica.
Giovanni Zorzoni, presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) non riesce a salvare nulla della riforma: “Smonta pezzo dopo pezzo un sistema concorrenziale che in Europa ha funzionato meglio che altrove”. Non si tratta a suo dire di una semplice modernizzazione tecnica, ma di “una torsione sistemica del quadro regolatorio” che “rovescia la logica dell’accesso aperto, promuove consolidamenti verticali e sposta potere verso pochi grandi gruppi”.
In definitiva, lo definisce “il cavallo di Troia dell’oligopolio”. Come? La norma prevede meno obblighi per i grandi operatori (gli incumbents) nel concedere accesso alla rete; una riduzione della regolazione sui prezzi Wholesale (i prezzi che i grandi operatori decidono per gli altri operatori che usano la loro infrastruttura, oggi regolati da autorità indipendenti); incentivi alla verticalizzazione, cioè a operatori che possiedono sia la rete che i servizi; spinta alla concertazione di mercato e alla creazione di campioni europei.
Zorzoni (Aiip): “Un cavallo di Troia dell’oligopolio”
Una norma che – in definitiva – avrà ripercussioni sui consumatori, che saranno costretti a un mercato con “meno operatori”, cioè “meno possibilità di scelta, meno trasparenza tariffaria, più dipendenza da pratiche commerciali imposte dall’alto”, spiega Zorzoni. Inoltre il DNA eliminerebbe la duplice pressione competitiva sulle tariffe, portando le reti a diventare dei monopoli naturali, dove “la pressione oggi di un folto numero di operatori farà crollare la competizione reale”. In sintesi: “meno concorrenza, prezzi alti”.
Secondo Zorzoni, il DNA è disegnato per favorire i grandi conglomerati a discapito di chi ha investito nella propria rete: “Il rischio è l’espulsione progressiva dal mercato, o la riduzione forzata a ruoli subalterni come reseller”. Le piccole imprese “100% made in Italy” sarebbero costrette o a vendere o a scomparire, replicando il destino di molti settori tradizionali europei. Il presidente dell’AIIP accusa: “C’è una narrazione falsa, promossa da chi ha interesse a occupare posizioni dominanti senza più doversi confrontare col mercato”.
L’ombra dietro la discussione sui “Campioni europei”
La Commissione europea, con a capo il Commissario Ue per il mercato interno Thierry Breton, chiede da anni la creazione di “campioni europei” delle telco, in grado di consolidarsi nel mercato interno e competere globalmente soprattutto con Usa e Cina. Scenario auspicato anche nell’agenda di Mario Draghi. Ma questa per Zorzoni è tutt’altro che una cura. Anzi. “Sarebbe un’evoluzione in senso monopolistico che renderebbe possibile aumentare, forse anche del doppio, i prezzi agli utenti, siano essi consumatori o imprese, senza che questi ultimi possano rivolgersi da un’altra parte per servizi, come l’accesso ad Internet, ormai essenziali”.
Chi ne beneficerebbe? “Ne beneficerebbero probabilmente i tre più grandi fondi d’investimento mondiale e, auspicio di alcuni, un quarto gruppo finanziario europeo, ma non italiano. Il DNA garantirebbe loro un contesto normativo favorevole, meno obblighi, meno concorrenza e una posizione centrale nella distribuzione delle risorse pubbliche”.
Zorzoni: “Faranno lo stesso errore fatto con le auto green”
Zorzoni è critico nei confronti dell’Europa e della Commissione, con cui ha dialogato negli ultimi anni: “La sensazione è che stiano replicando lo stesso schema già visto su altri dossier, come il capitolo green nel mondo dell’auto”, ragiona. “Anche lì l’industria aveva lanciato l’allarme, ma non è stata ascoltata. Si è tirato dritto, ignorando le conseguenze, e si è finiti per distruggere una delle poche catene industriali che in Europa funzionavano ancora, regalando quote di mercato ai soliti noti fuori dall’Unione ed infine favorendo ulteriormente la concentrazione anche in quel settore. Ora pare che si voglia fare lo stesso nel mondo delle telecomunicazioni. Non si ascolta chi lavora sul campo, chi investe, chi innova. Si impone una visione centralista e dirigista, scollegata dalla realtà industriale e tecnologica europea”.
L’unico modo per restare ancorati alla realtà, conclude Zorzoni, è lasciare tutto così come è: “Se lei avesse un’auto che viaggia fa 20.000 km con un litro di acqua, comoda, bellissima, quasi indistruttibile, sentirebbe il bisogno di cambiarla? La proposta alternativa ad una cosa che funziona benissimo, che ha richiesto 25 anni di lavoro, e che è l’unica liberalizzazione che ha funzionata in Europa semplicemente non c’è. Non si cambia una cosa che funziona benissimo”. La consultazione UE è aperta fino all’11 luglio 2025, e l’AIIP ha lanciato la campagna #StopDNA per mobilitare imprese, cittadini e istituzioni sull’importanza di difendere il modello di liberalizzazione e pluralità delle reti.