Corriere
Autore: Roberto Cosentino
La proposta di regolamento per integrare i mercati delle telecomunicazioni, rafforzare la sicurezza delle reti digitali e imporre un contributo economico ai colossi del web. Ma per l’Associazione Italiana Internet Provider è «il più grave attacco mai portato all’Internet libera e pluralista». Aperta fino all’11 luglio la consultazione pubblica Ue
Il Digital Networks Act (Dna), se tutto procederà come previsto, entrerà in vigore in Europa entro la fine dell’anno. L’obiettivo della nuova normativa è quello di rafforzare la sicurezza delle reti digitali europee, comprese le infrastrutture 5G e di futura generazione, e garantire una maggiore protezione anche per le infrastrutture sottomarine, come i cavi marini. Un altro fronte su cui il regolamento interviene riguarda la distribuzione dei costi di rete, tema da anni al centro del dibattito tra operatori e piattaforme digitali.
Gli obiettivi della normativa
Per usare un’espressione contenuta nella stessa proposta legislativa, lo scopo è quello di «migliorare l’ecosistema di connettività digitale dell’Ue». La Commissione punta anche ad accelerare la transizione dalla rete in rame alla fibra ottica e, al tempo stesso, «armonizzare» le regole del mercato e la gestione dello spettro radio. La riforma mira a integrare i 27 mercati degli Stati membri, rimuovere vincoli amministrativi e barriere normative che oggi ostacolano la fornitura transfrontaliera dei servizi. Anche la gestione delle frequenze radio, oggi prerogativa dei singoli Stati, sarà interessata dal Dna: l’obiettivo è una politica dello spettro più coordinata a livello comunitario, capace di ridurre ritardi, inefficienze e discrepanze tra Paesi.
Il Dna prevede inoltre l’introduzione di una nuova governance centralizzata, con il coordinamento affidato al BEREC (l’agenzia dei regolatori europei) e al RSPG (il gruppo politico per lo spettro radio), affiancati da un organismo decisionale europeo da istituire ex novo. Questo assetto dovrebbe consentire di snellire le procedure decisionali, in particolare per l’assegnazione dello spettro radio e la regolazione delle tariffe di interconnessione, riducendo ritardi e oneri burocratici per gli operatori. La riforma è in linea con altri interventi strategici dell’Unione, come il Chips Act, il Data Act e l’AI Act, nel tentativo di costruire un’Europa digitale più autonoma, resiliente e competitiva.
Tra le proposte più discusse della normativa c’è quella del «fair share», ovvero un contributo economico equo da parte dei grandi fornitori di contenuti online. Secondo la Commissione, piattaforme di streaming, social network e servizi cloud dovrebbero contribuire in modo proporzionato ai costi di potenziamento delle reti, in relazione al traffico generato. Oggi, questi oneri gravano quasi esclusivamente sugli operatori di telecomunicazione, mentre le Big Tech beneficiano dell’infrastruttura senza oneri diretti, con l’utente finale spesso a farsi carico, indirettamente, dei costi. La proposta mira a riequilibrare il sistema, con l’introduzione di meccanismi di negoziazione o tariffe di interconnessione, nel rispetto del principio della neutralità della rete.
Aiip: «Stop Dna»
Ma non mancano voci critiche, in particolare da parte di piccoli operatori e associazioni di settore. Tra i principali oppositori figura AIIP – Associazione Italiana Internet Provider, che ha lanciato la campagna #stopdna (www.stopdna.eu), in cui definisce la proposta «il più grave attacco mai portato all’Internet libera e pluralistica in Europa».
Il presidente Giovanni Zorzoni non usa mezzi termini: «Il Dna? È il codice genetico dell’Europa che non vogliamo. Dietro la sigla tecnocratica di Digital Networks Act si cela il progetto più pericoloso degli ultimi trent’anni per il futuro dell’Internet europea: accentramento totale, fine della concorrenza infrastrutturale, e smantellamento delle autorità nazionali. Un ritorno al passato, ma senza nemmeno il centralino della SIP: oggi a comandare sono pochi fondi speculativi, benedetti da Bruxelles». E prosegue: «Tutto ciò che ha reso Internet democratica e pluralista verrebbe sacrificato in nome di una falsa semplificazione. In Italia c’è chi applaude, sperando di alzare i prezzi o tassare gli OTT. Ma i testi Draghi e Letta sono chiari: l’obiettivo è arrivare a 3-4 operatori pan-europei. E indovinate un po’? Nessuno sarà italiano. Se oggi non alziamo la voce, domani non avremo più neanche il diritto di lamentarci».
Le consultazioni
Il Dna è al momento in consultazione dal 6 giugno e lo sarà fino al prossimo 11 luglio. Un banco di prova cruciale per valutare l’effettiva accettazione della proposta e i possibili aggiustamenti.